Pronto il primo F-35. Don Sacco: «Celebrazione di morte»

Si è concluso l’assemblaggio del primo cacciabombardiere prodotto a Cameri. Qualcuno l’ha definito un momento storico. Il coordinatore nazionale di Pax Christi è di ben altro avviso: «Vergogniamoci di queste “cerimonie” di morte: “beatificano” armamenti che, celebrati con orgoglio ed emozione, altro non sono che strumenti di morte».
19 maggio 2015 - Lorenzo Montanaro

Lo hanno acclamato come una star, facendolo sfilare davanti a ingegneri e tecnici in una specie di passerella “da tappeto rosso”. Ma secondo le organizzazioni pacifiste in realtà c'è ben poco da festeggiare. Da poco è uscito dagli stabilimenti Faco (Final Assembly and Check Out) di Cameri, comune in provincia di Novara, il primo cacciabombardiere F-35 prodotto in Italia (uno dei 90 che il nostro Paese si è impegnato a costruire).

Ora il velivolo, il cui assemblaggio era iniziato nel luglio 2013, sarà sottoposto a ulteriori test prima del volo inaugurale, previsto per il 2016. Successivamente verrà trasferito negli Stati Uniti per l'addestramento dei primi piloti italiani. All'indomani della cerimonia di “roll out” (così si chiama la prima uscita dall'hangar) qualcuno ha parlato di  “momento storico” e facendo leva sull'orgoglio nazionale ha esaltato il “grande successo” per la nostra industria aeronautica. Ma, come prevedibile, l'evento ha suscitato anche aspre polemiche.

Papa Francesco ha ripetutamente condannato la produzione e la vendita di armi

Tra le voci più critiche spicca quella di don Renato Sacco, coordinatore nazionale del movimento Pax Christi, realtà da sempre impegnata per la pace e il disarmo. «Chissà se oggi», scrive il sacerdote, «chi è orgoglioso della “cerimonia” per il primo F35 festeggiato a Cameri (130 milioni di euro l’uno) si ricorda anche le ripetute condanne di papa Francesco contro la guerra e contro le fabbriche e i mercanti d’armi?».

Impossibile dimenticare le parole del Pontefice. Su questi temi, com'è noto, il Santo Padre si è soffermato in varie occasioni,  con una concretezza e una lucidità che non ammettono deroghe. Una delle denunce più recenti risale a un paio di mesi fa (era il 17 febbraio): «Ma perché siamo così? Perché abbiamo questa possibilità di distruzione, questo è il problema. Poi, nelle guerre, nel traffico delle armi… “Ma, siamo imprenditori!” Sì, di che? Di morte? E ci sono i Paesi che vendono le armi a questo, che è in guerra con questo, e le vendono anche a questo, perché così continui la guerra».

Riallacciandosi direttamente a queste parole don Renato Sacco lancia un appello forte: «Festeggiamo papa Francesco e ricordiamo i martiri di ieri e di oggi. E vergogniamoci di queste “cerimonie” di morte: “beatificano” armamenti che, celebrati con orgoglio ed emozione, altro non sono che strumenti di morte».

Il richiamo di Pax Christi riaccende un dibattito che dura da anni. È anche grazie ad appelli come questo (e alla loro capacità di mobilitare l'opinione pubblica) che l'Italia ha modificato, seppur parzialmente, la sua posizione sull'acquisto degli F-35. I 131 velivoli inizialmente previsti sono stati ridotti a 90 e lo scorso autunno il Parlamento ha approvato una mozione che prevederebbe un ulteriore dimezzamento del programma. Tutti passi nella direzione giusta, che però, secondo il mondo disarmista, sono ancora insufficienti. Pesano prima di tutto le ragioni etiche: gli F-35 sono aerei d'attacco, predisposti per trasportare anche testate nucleari (e molti si chiedono come si possano conciliare col ripudio della guerra sancito dalla nostra Costituzione). Come se non bastasse, il programma, uno tra i più costosi della storia, ha collezionato una lunga serie di ritardi, problemi tecnici e incidenti (anche gravi), tanto da mettere in allarme gli stessi dirigenti del Pentagono.

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