L'intervista all'ex presidente Cossiga

«Portai D' Alema a Palazzo Chigi per fare la guerra»

Gli americani e gli inglesi avevano bisogno dell' Italia come portaerei nel Mediterraneo per lanciare la guerra del Kosovo
23 febbraio 2008 - Roncone Fabrizio
Fonte: Corriere della Sera

ROMA - Presidente Francesco Cossiga, senta: tornando alle cronache del 1998, verrebbe da dire che se il Kosovo è riuscito a proclamare la sua indipendenza, un po' del merito è anche suo... «Lei vuol fare della dietrologia, se ho ben capito...». Con il rispetto che si deve a un ex capo dello Stato, naturalmente. «Va bene, così mi piace. Allora: intanto, sgombriamo ogni dubbio. Per mandare Massimo D' Alema a Palazzo Chigi, da dove poi ordinò gli attacchi aerei e terrestri contro i serbi, in Kosovo, non ci furono complotti, tra il medesimo D' Alema, Franco Marini e il sottoscritto». No? «No. Posso raccontarle, tanto ormai è passato del tempo, che, caduto Prodi, per mano rifondarola, l' ambasciatore britannico e il consigliere militare statunitense vennero da me, che all' epoca guidavo un modesto partito di transizione...». L' Udr. «Appunto. Ebbene, i due vennero da me e mi spiegarono lo scenario. Io li ascoltai e...». Sintesi del colloquio, signor Presidente? «La regione dei Balcani sta per esplodere, abbiamo bisogno dell' Italia, la più efficiente portaerei del Mediterraneo». E lei? «Sapevo che erano venuti da me, anche perché io, con i voti del mio partitino, potevo sostituire Rifondazione. E decidere. Così, a quel punto, decisi pure che Massimo D' Alema sarebbe stato il premier giusto. Perciò salii al Quirinale e, in un colloquio di due ore e mezza, lo spiegai al mio successore, Oscar Luigi Scalfaro. Adesso, lasciamo stare che quando uscii...». Cosa? «Ricorderà... certi giornali titolarono: "L' ex capo dello Stato conferisce a D' Alema l' incarico...". Che, poi, tra l' altro...». Che cosa? «Massimo neppure era convinto. Pensi che la mattina dopo, alle 7, suonano alla porta di casa. Chi era?». Escluderei D' Alema... «Infatti. Era Marco Minniti. Che mi spiega le perplessità di Massimo. Ma io lo mando indietro dicendo che non devono esserci perplessità. Che Massimo, in un momento tanto delicato, avrebbe saputo premere di certo i tasti giusti...». Infatti, poi, i piloti dei nostri caccia premettero quelli per sganciare le bombe... «I piloti della Marina, che si alzavano in volo dalla Garibaldi a bordo degli Harrier, si comportarono magnificamente. Come, d' altronde, anche i nostri commando». I commando, scusi, dove? «In Kosovo...». Reparti speciali italiani si infiltrarono in Kosovo? «Esatto. E in divisa da combattimento, ovviamente. Altrimenti, in caso di cattura, avrebbero rischiato d' essere fucilati». Intanto, Armando Cossutta, che pure con il Pdci stava nella coalizione di governo, andava però a trattare con Milosevic... «Guardi, io temo che, ancora oggi, la Sinistra Arcobaleno e pure la Lega di Bossi subiscono la suggestione di una Serbia forte». Serbia forte, come la vorrebbero i nazionalisti in rivolta... «Ma D' Alema è stato abile anche da ministro degli Esteri. Ha riconosciuto l' indipendenza del Kosovo parlando, soprattutto, di ciò che d' importante rappresenta la Serbia. E lì hanno capito. Non casualmente, a quanto mi risulta, la nostra ambasciata a Belgrado era l' unica presidiata dall' esercito locale... mentre le sedi diplomatiche di Usa e Croazia sono rimaste in balia dei rivoltosi». A Belgrado non sono pochi coloro che temono un colpo di Stato. «L' importante è che la Russia smetta di premere sull' acceleratore... parlano di uso della forza... ma non è che necessariamente debbano muovere i carri armati... basta che Mosca infiltri qualche truppa speciale, ben addestrata, tra i rivoltosi di Belgrado, e il disastro è compiuto». Lei è preoccupato, Presidente... «Vede, il Kosovo non poteva che essere dichiarato autonomo, perché certo non era immaginabile che tornasse sotto l' autorità serba. Ora, naturalmente, deve avere la forza di camminare da solo e la Ue bene farebbe, per aiutarlo, a mettere sotto la propria protezione le enclavi serbe... Detto questo...». Lei è sempre puntualmente informato dai nostri servizi di intelligence: i nostri militari schierati, rischiano? «Sa, lì, a differenza che in Afghanistan, almeno da una parte della popolazione sono considerati davvero "Forza di pace"... ma io, come dire? consiglierei ai nostri ragazzi di tenere il dito pronto sul grilletto...».

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