Angelica Romano ci parla della crisi di Napoli

Pubblichiamo la trascrizione di una intervista con Angelica Romano di rete Lilliput ed "Un Ponte per", nonché curatrice del libro "Napoli chiama Vicenza, Disarmare i Territori e Costruire la Pace"
6 aprile 2008 - Soroor (Redazione Italiana dell'I.R.I.B.)

Dottoressa in questo libro lei parla di un allarme più preoccupante di quello dei rifiuti che incombe su Napoli e sulla sua regione, ma di cui nessuno parla. Ci potrebbe spiegare di che cosa tratta questo allarme?
Nel libro spieghiamo che i napoletani, oggi spaventati dall’emergenza rifiuti e da sempre preoccupati dal Vesuvio, il vulcano che incombe sulla città, ignorano un rischio più grande e molto inquietante: nel nostro porto, c'è un continuo passaggio di portaerei e sommergibili a propulsione nucleari e spesso carichi di armamenti nucleari. Questo è un paradosso, perché in un Paese in cui il nucleare è vietato anche per l'uso civile, si corrono tutti i rischi ad esso legati, per scelte fatte da altri Paesi, in più per motivi bellici. Accade perché il porto di Napoli fa parte della 'black list', cioè una lista dei porti in cui queste unità militari marine possono transitare o fermarsi in rada. Ci sono 11 porti in Italia: il primo era quello della Maddalena, adesso smantellato; il secondo, per numero di passaggi e di soste, è il porto di Napoli. Parliamo di mezzi che sembrano veri e propri grattacieli orizzontali, come la portaerei Eisenhower: 97mila tonnellate d'acciaio spinte da un motore a propulsione nucleare, con a bordo circa 85 aerei ed un potenziale bellico senza precedenti, caccia, carrozziere, cacciatorpediniere, sottomarino, ecc...
Passano e sostano davanti alla città per poi partire alla volta del Golfo Persico. Possono avere qualunque tipo di problema tecnico come è già successo altre volte: vi sono stati molti incidenti nel Mediterraneo a bordo di questo tipo di natanti; nello stesso porto di Napoli si verificò un incidente a bordo di un sommergibile Usa poi trasportato nelle Aborre, dove è stato fatto affondare. Il dramma è che la popolazione civile non se ne rende conto perché non viene informata dai media, mentre per legge gli amministratori locali dovrebbero provvedere alla sicurezza e ai piani di fuga. Secondo la normativa vigente, dovrebbero esserci piani di emergenza che si chiamano 'Piani di Emergenza Esterna' col fine di provvedere, in caso di incidenti, alla salvaguardia della popolazione civile. Non conosciamo questi piani che devono invece essere pubblici: in violazione della legge italiana ma anche della normativa europea che ne prevede la “pubblicizzazione”. Insomma questo è un pericolo grave di cui non si parla, si tace troppo ed è veramente inquietante perché è molto più pericolo del Vesuvio o della questione dei rifiuti che in questo momento copre tutti i giornali senza lasciare spazio ad altro. Il fatto che Napoli sia una base di appoggio, per questi sottomarini e queste navi della marina Usa, significa che da qui partono per i teatri di guerra; significa che senza volerlo, senza che i cittadini se ne rendano conto, il porto diventa la prima linea di una guerra che non abbiamo nè scelto nè condividiamo come popolazione e come italiani.

Dottoressa, sempre a riguardo alla presenza delle strutture di guerra nel territorio campano, vorrei chiederLe di raccontarci come e quando sono stati costruiti e qual è esattamente la funzione di queste basi militari sul suolo italiano.
Tutti si preoccupano della questione di Vicenza: la base di Vicenza è qualcosa che potrebbe divenire, mentre dobbiamo renderci conto che a Napoli si è già trasferito il comando di tutta la marina militare Usa, che ha il controllo dell'Europa, del Medioriente e dell'Africa. C'è stato un incremento notevole di basi negli ultimi anni. Il Comusnaveur si è trasferioa da Londra a Napoli. È un piano di dislocamento che rientra in una programmazione più ampia di trasferimento delle forze armate Usa e Nato più a sud e più a est possibile. Questo è il motivo per cui la Campania è oggi invasa da basi militari. Qualcuna è conosciuta perchè è al centro della città, qualcuna lo è meno come aeroporti, centri di telecomunicazione e arsenali: non sappiamo se in questi arsenali ci sono anche degli ordigni nucleari. Sono strutture pronte ad ospitare un numero di militari molto alto che si sta trasferendo sul territorio campano. Per dire qualche cifra, la forza di risposta rapida della NATO conta circa 17mila uomini che pronti per essere dispiegati in qualsiasi parte del mondo. Queste basi servono a controllare 89 Paesi in tre continenti che come dicevo prima vanno da Capo Nord a Capo di Buona Speranza fino al Mar Nero verso Est. Questa è l'area di responsabilità. Da qui sono partiti le operazioni belliche per il Medioriente e per i Balcani: i sottomarini Usa hanno attaccato dal Mediterraneo, e da qui sono partite le portaerei Eisenhower e (lo scorso novembre) la Truman che hanno raggiunto il Golfo Persico, pronte ad intraprendere altri attacchi: il loro compito è quello di portare avanti la guerra cosidetta “preventiva” che in realtà è una guerra globale, noi ovviamente la non condividiamo. Non solo non la condividiamo come cittadini pacifisti, ma non la condivide probabilmente la maggioranza della popolazione italiana. Il problema è ancora una volta la comunicazione e l'informazione. Io sono convinta che se la maggior parte dei napoletani sapesse che cosa accade nel proprio porto e quanto siamo vicini alle guerre di cui vediamo le scene in televisione, si ribellebbe, e sicuramente vorrebbero cambiare le cose.

Dottoressa, secondo Lei, quale sarebbe l'impatto ambientale e umano della presenza di queste basi in Italia?
Intanto basterebbe dire che la presenza di questi sottomarini nucleari di per sè è una forma di inquinamento, indipendentemente da possibili incidenti. Pensiamo all'impatto ambientale inteso come la zona del lago Patria, una delle poche aree ancora non cementificate che fungeva da polmone verde intorno ad una metropoli come Napoli così densamente abitata. Adesso, invece, è stata destinata ad ospitare le basi. Altra questione è che noi non sappiamo cosa accade realmente nelle basi. Mentre per le basi NATO i militari italiani possono entrare e uscire e su richiesta possono entravi anche i nostri parlamentari con giornalista a seguito, nelle basi statunitensi non è possibile sapere cosa accade. Gli stessi parlamentari, cioè i rappresentanti della popolazione italiana, non possono entrarvi se non per richieste speciali che vengono molto difficilmente accordate. Sappiamo, però, che esistono dei rifugi anti-atomici. Questo presuppone che vi sia, e gli americani lo sanno, un pericolo atomico. Esistono quindi dei rifugi anti-atomici destinati solo ed esclusivamente a militari Usa. Poi naturalmente c'è la questione dell'inquinamento dovuto al passaggio dei materiali, quello legato ai poligoni; sono moltissime le forme d'incidenza sull’ambiente, ma la questione è poco studiata proprio perchè in nome di segretezza, che a mio parere è anti-costituzionale, non si riesce a sapere esattamente cosa accada. Però, i problemi riscontrati dalle varie popolazioni che vivono intorno alle basi, come è successo per esempio in Sardegna, il numero di tumore, il livello alto di radioattività che è stato denunciato dagli impiegati dall'aeroporto di Napoli, sono tutti gli elementi che ci devono allarmare.

Un'ultima domanda. L'articolo 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli. Lei come pacifista, come giudica il ruolo di queste basi americane. Non sembrano un po' contrari a quanto previsto nella Costituzione?
Sono una chiara violazione della nostra Costituzione. Ma non solo. Noi parliamo indifferentemente di basi militari, ma esistono, come dicevo prima, basi NATO e basi Usa. Le basi Usa nascono da accordi scritti in forma semplificata, cioè accordi che non sono passati per il nostro Parlamento e sono i cosiddetti accordi segreti. Si tratta di trattati bilaterali stipulati tra il '54 ed il '56, tra la fine della dittatura di Stalin e la rivoluzione ungherese, cioè in un periodo storico così lontano da risultare oramai fuori tempo. Il problema è che questi accordi hanno 11 allegati nei quali sono elencate le attività svolte nelle basi. Questi allegati sono rivisti e riaggiornati nel tempo ma sempre nella totale segretezza in violazione di quello che non solo è la costituzione italiana, ma anche delle regole base della democrazia. E quindi una delle prime cose che dobbiamo pretendere è la desegretazione di questi accordi perchè “antidemocratici”: devono essere ratificati dal Parlamento. Più in generale direi che tutte le basi, ma anche molte delle scelte di politica estera del nostro Paese, sono in contrasto con l'articolo 11 della nostra Costituzione, che è un articolo importantissimo. Tra le altre cose noi quest'anno celebriamo i 60 anni della Costituzione, oltre a celebrare i 60 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’art. 11 prevede una risoluzione dei conflitti non attraverso le armi ed esprimeva, ed esprime ancora, la volontà di un popolo che ha conosciuto le due guerre mondiali e ne conosce gli orrori, di non utilizzare mai più le armi, di non creare più violenza, e di non esserne sicuramente promotori. Le basi sostengono le varie forme di guerra. Possiamo chiamarla “preventiva” o “umanitaria”, ma la verità è che non esiste una guerra umana, si sono appropriati di termini assolutamente fuori luogo: la guerra non potrà essere mai umanitaria. Vi sono tante forme di risoluzioni di conflitti internazionali, prima di tutto la diplomazia. Quindi la presenza di queste basi mette in discussione la nostra Costituzione.

Note: L'intervista audio:
http://italian.irib.ir/images/stories/interaudio/romano1.mp3

NAPOLI CHIAMA VICENZA - Disarmare i territori, costruire la pace
http://www.peacelink.it/libri/index.php?id=12
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