I mostri 2

Quando, tra qualche tempo, ti chiederanno del mese di luglio del 2014, urlerai il tuo sdegno e il tuo dolore, mostrerai le cicatrici del tuo cuore, l’orrore necrotizzato della tua memoria. O, complice, rimarrai in silenzio.
7 novembre 2014 - Vittoio De Asmundis

       Quando, tra qualche tempo, ti chiederanno del mese di luglio del 2014, urlerai il tuo sdegno e il tuo dolore, mostrerai le cicatrici del tuo cuore, l’orrore necrotizzato della tua memoria. O, complice, rimarrai in silenzio.

       Un nipotino di Souzan giocava nella sua stanzetta di una casa in un quartiere di Gaza. All’improvviso, dai muri squarciati, sbucarono i mostri in uniforme. Lo afferrarono per i piedi e lo ridussero in poltiglia. Nei cieli dell’Ucraina, 298 esseri umani, tra cui 80 bambini in gita tra le nuvole, dopo un gran fragore, piovvero a pezzi tra i girasoli dell’indifferenza. Alcuni mostri in uniforme avevano premuto con successo gli appositi bottoni della strage. Accanto a noi, a Torregaveta, alcuni piccoli occhialuti ingegneri, nostri connazionali, mostri di istruzione e di ignoranza, avevano progettato lo stesso drone che, su una spiaggia palestinese, inseguiva e colpiva quattro piccole fonti di calore in fuga, quattro bambini che rincorrevano un pallone. E, quotidianamente, nel nostro grande mare nostrum, centinaia e centinaia di profughi disperati morivano annegati, tra le ciambelle colorate dei bagnanti in vacanza e gli ombrelloni al sole…

       E ora, solo se lo vorrai, ricorderai con sgomento “i cappelloni della Nunziatella” chiusi nel loro cesso liceale a spararsi una sega di gruppo per stabilire chi tra loro lanciasse lo schizzo più lontano. E ora, solo se lo vorrai, ricorderai con terrore gli squallidi antri della Sezione Berta di Via Foria, dove si giocava a cinghiate e alle “dita negli occhi”, e dove una ventina di piccoli mostri fascisti preparavano, e preparano ancora, bottiglie molotov per “dare una lezione ai rossi”. E ora, solo se lo vorrai, ricorderai con disgusto uno di quegli assassini (mai pentiti) di Iolanda Palladino seduto proprio di fronte a te in un vagone della Metropolitana di Napoli. Mostrava con orgoglio ad un suo pari mucchio di letame il suo bicipite destro che si gonfiava con “la capa di Mussolini” tatuata.

        E tra il sorriso dolce di Iolanda bruciata viva e lo stupore dei bambini di Gaza, nel crepitio dei ricordi, ritroverai quei “cappelloni” ormai in divisa, quegli squadristi, ripuliti e scrostati, anche essi in divisa, quei mucchi di letame tutti in divisa. Ritroverai “i militari”, i veri mostri, esseri immondi da disprezzare, che penetrano negli affetti e nelle cose dei cosiddetti nemici e stuprano e violentano e continuano a ricevere in cambio medaglie e encomi e soprattutto buste-paga. Maschi, assassini in divisa, che assaltano e bruciano e vomitano e poi si fotografano in un delirio di onnipotenza e di gloria. Femmine, assassine in divisa, che con un braccio sorreggono il loro bambino e lo allattano al seno e con l’altro afferrano una mitragliatrice, una bomba, un coltello.

        Antimilitarismo? Sì. Fino alla fine. Fino alla morte.

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