Guerra nucleare: la possibilità dell’impossibile

Ghedi, un piccolo centro nella provincia di Brescia. Un aeroporto militare che risale al 1909. Una cittadina il cui destino è legato alla guerra, di ieri, di oggi e quella possibile di domani. Nel suo aeroporto militare sono stipati circa 80 ordigni nucleari di “vecchia” concezione, pesanti e mostruosamente distruttivi.
26 gennaio 2018 - Giuseppe Capuano

Ghedi, un piccolo centro nella provincia di Brescia. Un aeroporto militare che risale al 1909. Una cittadina il cui destino è legato alla guerra, di ieri, di oggi e quella possibile di domani.  Nel suo aeroporto militare sono stipati circa 80 ordigni nucleari di “vecchia” concezione, pesanti e mostruosamente distruttivi. Questi ordigni saranno presto sostituiti da quelli più “piccoli, più precisi, più furtivi, moderni”. Tutti aggettivi che se utilizzati per descrivere le bombe atomiche risultano del tutto inappropriati.  La nuova bomba all'idrogeno è la “B61-12” con cui sarà possibile armare anche i caccia F35 che l’Italia si è affrettata ad acquistare nonostante le tante polemiche e opposizioni. L’equilibrio del terrore, la quasi equivalente distribuzione tra le grandi potenze di un potenziale atomico in grado di distruggere per 30 e più volte l’intero pianeta, con questi nuovi ordigni potrebbe saltare definitivamente. Ci chiediamo: le nuove atomiche “leggere” sono state messe a punto per essere utilizzate e non per marcire negli arsenali? È questo che hanno in mente nelle loro scaramucce il coreano e l’americano? La cosa indegna è che un’Europa divisa su tutto ritrovi coesione solo intorno all’idea di una guerra nucleare possibile.  Fioccano infatti le “scuole militari” per formare un esercito unito (ma alle dipendenze degli USA) e i governi italiani, non ultimo quello di Gentiloni, si sono prostrati a questa politica pur di assicurarsi qualche investimento, qualche famiglia di militari in più da ospitare, e hanno candidato diverse città ad ospitare queste “speciali” accademie militari. A Ghedi c’è già ma è della NATO. Il Ministro Pinotti ha annunciato l’intenzione di insediare a Napoli, nella attuale sede della Scuola Militare  Nunziatella, uno specifico corso internazionale patrocinato dal Consiglio Europeo per “difenderci da SUD e dal SUD” del Mediterraneo. Il tutto è avvenuto mentre da Stoccolma nel 2017 è stato lanciato un chiaro messaggio con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace  all’Organizzazione per il bando alle armi nucleari ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons),  per «il suo ruolo nel fare luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare a un trattato di proibizione di queste armi». Campagna che proprio nel 2017 ha portato alla storica decisione dell’ ONU di adottare il Trattato sulle armi nucleari che vincola i Paesi firmatari a “non produrre, possedere, usare o minacciare di usare armi nucleari e, inoltre, si impegnano a non riceverle e trasferirle”. Questo trattato non è stato firmato dal Governo italiano di Gentiloni, né la questione compare nei programmi dei diversi gruppi politici in corsa alle elezioni di marzo. Contro questo indegno silenzio, ancora una volta è il capo dello Stato Vaticano, tra i primi a ratificare il Trattato. Papa Francesco ha fatto sentire la propria voce dichiarando che quella nucleare è una minaccia forse mai così concretamente vicina. Da qui il gesto del Papa di mostrare mentre partiva per il suo viaggio in Cile, tra l’incredulità e la distrazione dei giornalisti, le foto del disastro nucleare in Giappone nell’agosto del 1945 con il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki. È contro questo silenzio che sta lentamente  ripartendo in Italia una nuova mobilitazione. Ghedi, sabato 20 gennaio, ha ospitato una manifestazione di un migliaio di persone in rappresentanza dei comitati per il disarmo presenti in Italia. A Napoli il Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio–Campania (www.pacedisarmo.org; info@pacedisarmo.org ), anch’esso presente  con una sua delegazione a Ghedi, sta rilanciando la mobilitazione per attrarre l’attenzione di elettori e potenziali eletti al prossimo Parlamento su questa questione che ha definito “di sopravvivenza o di morte”. Chi andrà a votare deve chiedere ai propri rappresentanti di esprimersi con chiarezza. E’ indispensabile che l’Italia faccia un passo indietro e che il prossimo Governo firmi il Trattato contro la proliferazione nucleare adottato dall’ONU, che il prossimo Parlamento lo ratifichi in brevissimo tempo. L’Articolo 11 della nostra Costituzione urla “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”.

Teniamolo bene a mente!

 

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