Free Open Arms e Iuventa. Nessuno sia più respinto nell’inferno libico

Sabato 14 aprile, alle ore 17.30, un sit-in davanti alla Prefettura, in piazza del Plebiscito, per chiedere il dissequestro delle navi di soccorritori bloccate qui in Italia:
14 aprile 2018 - Comitato Pace e Disarmo

La nave della ONG Open Arms è ancora sequestrata al porto di Ragusa, così come la nave della ONG Iuventa al porto di Trapani. Ogni giorno in cui queste navi restano ferme è una condanna a morte per centinaia di persone che annegano o che vengono riportate indietro nell’inferno della Libia.
L’accusa di fondo è sempre la stessa, declinata in modo più o meno sconsiderato da procure siciliane che sembrano avere ingaggiato una guerra aperta contro la solidarietà, come se fosse questo il problema criminale dell’Italia : avere salvato vite umane nel Mediterraneo e, nel caso della open Arms, avere rifiutato di consegnare le persone sottratte alla morte alla cosiddetta guardia costiera libica, la stessa guardia costiera la cui condotta è stata definita dalle Nazioni Unite come “spericolata e violenta”.

In mezzo al mare restano solo loro, i libici, a riportare indietro, donne, bambini, uomini migranti, in centri che nel memorandum di intesa firmato dall’ex premier Paolo Gentiloni con uno dei capi libici Al Serraj vengono definiti “di accoglienza” e che l’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha definito invece “inaccettabili”, perché “La sofferenza delle persone detenute in Libia è un oltraggio alla coscienza dell'umanità”.

Viviamo in un mondo alla rovescia, dove il governo italiano, con l’approvazione dell’Unione europea, stringe accordi con un paese dominato da milizie e mafie cui demanda la gestione di migliaia di persone inermi, e dove chi lavora ogni giorno per salvare vite viene incriminato e messo nelle condizioni di non poterlo più fare.
Dalle Alpi al Mediterraneo, l'attacco alla solidarietà si sta intensificando in tutta Italia. Come si chiedeva Pietro Calamandrei quando, nel 1956, difendeva Danilo Dolci colpevole di lottare in modo pacifico per la giustizia sociale, noi chiediamo qui oggi: Dov'è il delitto, in che consiste il delitto, chi lo ha commesso? Che cosa avevano fatto di male questi imputati? In che modo avevano offeso il diritto altrui; in che senso avevano offeso la solidarietà sociale e mancato al dovere civico di altruismo?

E chiedendoci dov'è il reo, il delinquente, il criminale, ricordiamo che la Corte penale internazionale sta in questo momento indagando sull’ipotesi di crimine contro l’umanità per quanto avviene in Libia. E che l’Italia ha in questo crimine delle responsabilità dirette e inequivocabili. Non sono sue le navi con cui le persone vengono respinte nell’orrore, ma le ha pagate e ha addestrato i militari che le guidano. Non sono italiani i torturatori nei centri libici, ma sono persone che agiscono di concerto con quelle con cui l’Italia ha stretto gli accordi e a cui è stato sostanzialmente detto: tenetevi i migranti, a qualunque costo, fate di loro ciò che volete.

Questo appello chiede alla politica italiana, ai giudici dei tribunali, alle persone comuni, di rispondere a una domanda semplice: siete veramente d’accordo, e convinti di volere essere complici di politiche che nel Mediterraneo hanno conseguenze dirette di torture, stupri, riduzione in schiavitù, uccisioni?
E in nome di cosa paghereste questo prezzo? In nome di un’invasione che non esiste, perché i dati dimostrano che l’immigrazione è diminuita e sono solo aumentati gli arrivi via mare dei richiedenti asilo a causa della chiusura di ogni canale di ingresso legale? In nome di un calcolo strumentale che usa i migranti per costruire carriere sulla paura e la diffusione del razzismo, e per spostare l’attenzione dai veri problemi della gente che sono il lavoro e il reddito, la sanità e la scuola che non funzionano, la povertà e le diseguaglianze sempre crescenti? Cosa hanno a che vedere le migrazioni con tutto questo? In che modo distruggere il diritto dei diritti umani e legittimare una società incattivita e piena di odio potrà aiutarci a vivere meglio?
Rompiamo il silenzio e l’indifferenza di fronte al naufragio dei diritti umani. Chiediamo conto di quanto sta accadendo in spregio alle convenzioni internazionali ed europee, ai nostri principi costituzionali, al diritto del mare, ma anche alla stessa cosiddetta civiltà giuridica europea, affermata all’indomani della seconda guerra mondiale come un “mai più” agli orrori dei totalitarismi e degli stermini.
Chiediamo con forza l’immediato dissequestro delle navi dell’Open Arms e della Iuventa e la sospensione immediata dell’accordo Italia-Libia.
Dalla Sicilia parte questo appello a convocare, con queste richieste, presidi di fronte alle prefetture di tutta Italia, Sabato 14 aprile, consegnando questa lettera ai rappresentanti del governo italiano su tutti i territori.

REALTÀ ANTIRAZZISTE SICILIANE

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