Duomo, migranti e polizia

“Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono
e ciò che richiede il Signore da te:
praticare la giustizia,
amare teneramente
camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea)
28 luglio 2008 - Costanza Boccardi

Oggi, 28 luglio, a Napoli questo non è successo. Abbiamo visto cento nostri fratelli che chiedevano un aiuto perché fosse resa loro giustizia, dopo quattro giorni che uomini, donne e bambini dormivano per strada, sgomberati da un edificio fatiscente, rifiutati da una minoranza violenta e probabilmente strumentalizzata (qualcuno indagherà, una volta tanto?) sottovalutati da istituzioni che, napoletanamente, speravano che il problema si risolvesse da solo, grazie forse all'appoggio di amici e parenti.
Li abbiamo visti picchiati da polizia in tenuta antisommossa, che alle mani nude e alzate ha opposto manganelli, caschi, scudi e la preponderante potenza del trenta contro tre. Li abbiamo visti chiedere acqua ad un clero che invece di dar da bere agli assetati si è farisaicamente rivolto ad una inesistente Protezione Civile.
Alla sordità e al pressappochismo delle Istituzioni ormai siamo abituati, per non dire rassegnati, ma la Chiesa a Napoli è stata in questi ultimi anni un riferimento e una speranza importanti. Anche queste oggi vengono a cadere?

Poco abbiamo potuto fare per aiutarli. Ma non possiamo tacere come si sia preferito salvaguardare il tesoro di san Gennaro piuttosto che il tesoro di Cristo, i poveri; e come si sia permesso alle armi di arrivare alla porta della Chiesa, che da sempre è luogo d'asilo per chi chiede non pietà, ma il giusto riconoscimento dei suoi diritti umani. Oggi non c'è stata giustizia, nel Duomo di Napoli, né misericordia.
E che i nostri fratelli fossero migranti regolari e richiedenti asilo, soprattutto africani, rende ancora più grave la sordità di cui i custodi del tempio hanno dato prova, quando hanno negato riparo a chi era senza casa, acqua a chi aveva sete.

 

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